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Una foresta di pensieri, un pensiero a foresta.

Nel mio lavoro di coach, spesso una cosa che le persone mi chiedono è: “Come faccio a spegnere il cervello?”. Se sei gifted, o se qualcuno vicino a te lo è, forse hai già compreso di cosa voglio parlare: il pensiero arborescente.

Quello che viene descritto con questo nome è, in breve, l’effetto di una velocità di connessioni neuronali più elevata rispetto alla media (da 2 a 3,5 metri al secondo) che produce nella mente dei plusdotati un vero e proprio brulichio di pensieri e di idee, come tante lampadine che si accendono una dietro l’altra, apparentemente senza una logica connessione tra loro, e che vengono tutte processate contemporaneamente e incessantemente.

Immagina di essere ad un concerto di musica classica: mentre ascolti con attenzione e piacere un brano di Donizetti, cominci anche a riflettere che gli strumenti a percussione forse sono stati una creazione quasi naturale nel processo evolutivo dell’umanità, ma il violino? Come si è arrivati a pensare, ideare e poi costruire un violino? Quindi cominci a cercare di ricordare le informazioni in tuo possesso, mentre contemporaneamente ascolti e “dirigi” di nascosto l’orchestra con una mano.

All’improvviso, il profumo di una signora che si muove accanto a te ti riporta alla mente un ricordo poco piacevole, e la musica, che in quel momento ha cambiato ritmo, amplifica le tue sensazioni tanto da farti pensare di cambiare posto per abbassare il livello di fastidio che senti. Un signore a qualche fila di distanza tossisce piano, e cominci a pensare che a casa non hai più la tachipirina, quindi ti annoti mentalmente di passare per prima cosa domani mattina in farmacia.

Farmacia che è proprio accanto a quel negozio di telefonia che spesso fa sconti interessanti, quindi forse se calcoli bene i tempi, ce la potresti fare a dare un’occhiata per magari portarti avanti con i regali di Natale. E a proposito di Natale…

Ti ricorda qualcosa?

In questo breve esempio, oltre alla continua stimolazione e conseguente produzione di pensieri e di pianificazione di azioni, risalta anche come le interferenze esterne ed interne – un odore, la musica, il suono di un colpo di tosse, la sensibilità e l’emotività connesse a ricordi e sensazioni – per i gifted non sono così facilmente isolabili dal resto.

E questo è uno dei motivi percui, spesso, appaiono poco concentrati in alcune occasioni, anche se in realtà sono presenti e attivi nell’ascolto.

Linee o rami?

In generale, il nostro cervello elabora le informazioni in due modalità:

  • quella lineare e sequenziale, che parte da A per arrivare a B. Da un singolo dato, il ragionamento procede in maniera logica, fino a raggiungere il risultato cercato, che sia la risoluzione di un problema matematico o il corretto uso di uno strumento. Il vantaggio di questo tipo di processo mentale è che consente di selezionare le informazioni utili al raggiungimento dell’obiettivo e di conseguenza diventa anche facile spiegarne il processo.
  • Quella simultanea che, a partire da un singolo input (informazione, richiesta, stimolo sensoriale, ricordi…), genera molto velocemente e in maniera del tutto autonoma una rete di pensieri, idee, soluzioni, insight non sempre connessi in maniera consequenziale e logica. Ecco allora che dal singolo problema di matematica si può arrivare a pensare a cosa prepararsi per cena, passando dal considerare che la segnaletica delle strade limitrofe non è molto funzionale e alle possibili alternative per evitare eventuali incidenti.

Quando devono rispondere a una domanda, i ragazzi normali drizzano l’antenna e riflettono sulla risposta. Invece noi abbiamo venticinque antenne che si drizzano contemporaneamente, andiamo in confusione e non riusciamo più a concentrarci. Esprimere un pensiero, a volte, può diventare un vero casino

Troppo intelligenti per essere felici – Jean Siaud-Facchin

Questo tipo di elaborazione mentale, alla base della plusdotazione, genera molteplici difficoltà nei gifted, come il non riuscire ad esprimersi sinteticamente e in maniera funzionale alla richiesta, il non comprendere subito i sottintesi e le battute che invece gli altri capiscono immediatamente, o il prendere tutto alla lettera. E l’impatto, in ambito lavorativo, può essere notevole.

Perché sei quello o quella che quasi sempre crede di essere inadeguato o inadeguata, poco intelligente e/o poco preparato per il suo ruolo (malgrado titoli ed lunghe esperienze sul campo), e di conseguenza ti ritrovi a gestire il tuo lavoro o eccedendo in perfezionismo e disponibilità, dedicando tempo ed energie senza ottenere risultati equivalenti, oppure investendo tutto in strategie di evitamento pur di non ingaggiarti in quelle che consideri sfide inaccessibili.

Di cosa è fatto il tuo stress?

Se comprendi come reagisci nei momenti di stress – perfezionismo o evitamento -, puoi iniziare a smantellare una ad una le convinzioni limitanti che ti fanno agire in quel modo specifico. Per ogni reazione c’è un motivo, una causa che ti appartiene e che ha radici per te importanti. Scoprirle ti avvicinerà di un passo alla reale percezione di te stesso/a e quindi al prenderti cura di te, forse per la prima volta.

Quando dici ansia, stai dicendo?

Come abbiamo visto, la particolare modalità di percezione di un gifted lo porta a cogliere per ogni situazione infinite sfumature e particolari, e di conseguenza a processare altrettante informazioni e soluzioni. Strettamente connessa a tutto questo vi è la percezione emotiva di ciò che viene elaborato. Quello che però può succedere spesso è di non saper dare un nome a ciò che si prova, e che quando l’impegno emotivo è troppo elevato, ci si ritrovi a dire semplicemente che quella situazione o quel contesto ci provocano ansia.

Se sei proiettato nel tuo futuro lavorativo, ad esempio, forse ti senti insicuro delle scelte che stai facendo o non facendo. Oppure, non hai fiducia nell’azienda in cui sei o in cui vorresti andare. O ancora, provi disprezzo per il team leader di quel gruppo di progetto perché…

Il vero focus, alla fine, non è come fermare i pensieri ma come imparare a riconoscersi, a dare voce a quello che realmente si prova, a concedersi un po’ di spazio oltre dei limiti con i quali, a pensarci bene, ci si vuol vestire solo perché pensiamo sia quello che ci si aspetta da noi. Ma io credo che nessun vestito ci starà mai meglio di quello fatto delle nostre consapevolezze e delle scelte fatte per stare bene, così come siamo…magari a dondolarci sospesi tra un ramo e l’altro.

Questo articolo ha 2 commenti

  1. Paolo

    Grazie

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