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Le parole che ti voglio dire

Le parole che ti voglio dire

Ve lo confesso: leggo queste parole e un po’ sorrido. Perché è un chiaro esempio di quanto un’analisi così logica e asettica può essere molto difficile da gestire, se non se ne conoscono i meccanismi alla base.

Le parole hanno un senso. Se l’uso che ne fai tu non corrisponde al mio, non ti posso capire. E allora succede che quello che tu chiami lavoro io lo chiamo stage pagato, o che quando mi dici tieni questa penna io ti rispondo grazie ma è un pennarello.

Come uscirne (possibilmente vivi!)?

Se un gifted di cinque anni si ostinerà a dirvi che i Queen non possono essere un gruppo musicale perché quella parola significa regina e non ha alcuna attinenza con la musica, non sprecate tempo a dirgli che si sbaglia. Dimostrateglielo: mai ricerca su Google sarà più benedetta!

Parlerete la sua lingua (quella della precisione e della coerenza dei termini), gli avrete insegnato un buon metodo di verifica (anche chi sa tutto a volte non sa correttamente!) e diventerete un punto di riferimento autorevole che saprà rispettare.

Come dite? Non è facile?! Avete ragione.

Infatti, è possibile.

🌟E adesso che sai cosa significa questa parola, cos’è cambiato?

“Boh. Però adesso non mi fa più brutto rumore nel cuore”.

W., 7 anni, dopo aver scoperto che “lentigginoso” non è un’offesa.

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