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E se fosse il futuro giusto?

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Piove. Sono giorni di pioggia e vento forte.

In balcone l’armadio del “questo lo metto qui che così non ce l’ho tra i piedi” non riesce a stare su. Alla terza caduta decido che ne ho pietà, lo accosto al muro e lo lascio lì, sdraiato, come uno stanco guerriero dopo giorni di battaglia.

Morgana prova ad uscire, ma sbaglia clamorosamente i tempi. Guadagna uno schiaffo al pelo e un po’ di spavento. Merlino, dal divano, osserva per un attimo insonnolito e saggio, poi torna a dormire. A modo loro, i gatti insegnano angoli di vita.

Torno al mio lavoro di oggi.

 “Iniziare con la fine in mente significa vedere il proprio ruolo di genitore, nonché gli altri ruoli che si hanno nella vita, con una chiara visione dei propri valori e dei propri obiettivi. Significa essere responsabile della propria prima creazione, riferirsi a un nuovo copione in modo che i paradigmi da cui nascono il proprio comportamento e il proprio atteggiamento siano coerenti con i propri valori più profondi e in armonia con i giusti principi.

Significa, inoltre, iniziare ogni giorno con questi valori nella mente. Cosi quanto arrivano vicissitudini, sfide, si possono prendere le proprie decisioni basate su questi valori. Si può agire con coerenza. Non è necessario reagire all’emozione, alle circostanze. È possibile essere realmente proattivi, mossi da valori, perché i propri valori sono chiari. “(Stephen R. Covey – Le 7 regole per avere successo).

Provo a decodificare alcuni pensieri che mi vengono su.

Missione è decidere. Di vedersi, di vedere, di ascoltare e di agire. È cura, è occuparsi degli altri occupandoci di noi stessi, della nostra vita. Del nostro senso, delle nostre giornate, di come vogliamo crescere (secondo me non si invecchia, ma si cresce, quello si.), di chi vogliamo essere domani e poi tra un mese, tra un anno, tra una vita.

Missione è accogliere. Quelle giornate in cui tutto va per conto proprio e i piani saltano, il lavoro è una fatica assurda, le relazioni sembrano ingranaggi di un motore senza olio e persino un armadio non vuole saperne di stare in piedi. Figuriamoci tu. Figuriamoci il resto.

Missione è fermarsi. Riprendere fiato, chiudere gli occhi e respirare. E ricordare perché. Perché siamo lì, perché siamo lì ora, cosa ci ha spinto fino a quel punto. Ricordare il primo momento, il momento zero in cui abbiamo deciso di iniziare. E chiederci se questo è davvero la nostra visione del viaggio o se serve aggiustare il tiro. E poi riprendere a respirare ancora per un po’.

Missione è fiducia. E fidarsi. Di sé stessi, del proprio intuito, della potenza del nostro percepire le cose, della saggezza delle nostre scelte quando sono in linea con i nostri valori.

Una dichiarazione di missione personale, basata su principi corretti diventa (…) una costituzione personale, il presupposto in nome del quale prendere le decisioni più importanti, quelle che determinano il corso di una vita e le scelte quotidiane, pur in mezzo alle tempeste delle circostanze e delle emozioni che turbano le nostre esistenze. (…) Le persone non possono convivere col cambiamento se dentro di loro non c’è un nucleo immutabile.”

Cosa rende una missione la propria costituzione personale e quindi il futuro giusto?

La ricerca. Costante, a volte estenuante, ma che porta sempre oltre. Fatta di domande, di quelle aperte, sfidanti, che ti mettono all’angolo fino a quando non rispondi: “E se fosse qualcosa di diverso da ormai, cosa sarebbe?”.

Le risposte. Quelle che emergono da te, quelle che raccogli per strada, e quelle che ti arrivano con una folata di parole quando meno te lo aspetti. E diventano uno sguardo diverso, sempre più limpido e chiaro man mano che passa il tempo.

La gioia. Di tanti tipi. Come quella di quando non smetti proprio di sorridere e puoi fare solo quello, ché le parole alla fine forse rovinerebbero un po’ tutto. O quella che ti rimane addosso per giorni, come un profumo buono di vita, come un modo di camminare nel mondo che fa del semplice gesto di un passo dietro l’altro il racconto di te.

E una nuova domanda che fa un po’ da ponte: cosa mi piace di questo mio futuro che ho voglia di portarmi nel prossimo?

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