
Ci sto pensando su da un bel po’.
Qual è il modo migliore per introdurre un argomento come questo, mi sono chiesta. Cosa posso dire che non risulti pesante, che arrivi concretamente, in maniera semplice, diretta, umana? Le parole creano immagini, veicolano energia, formano altre idee, sostengono concetti e alimentano lo sviluppo di scambi di altre parole. Se scelte senza cura, possono non rendere giustizia. Ai sentimenti, alle sofferenze, alle difficoltà ma anche alle gioie, alle vittorie, ai talenti.
E così, alla fine, ho deciso che forse le parole più belle le aveva proprio chi sa. Chi conosce in prima persona, chi vive ogni giorno il suo cammino nel mondo, con i suoi arcobaleni dopo i temporali, con le mille domande una dietro l’altra, con le connessioni sempre vive e reali, con il sentirsi diverso e il non saperci fare mai veramente pace.
Lui è un bambino gifted. Ascoltatelo con cura. Fatevi accompagnare nel suo mondo. Provate ad osservare, a sentire, a percepire quello che racconta, e se proprio non vi riesce non fa nulla. Io (e forse anche lui, chissà…) per ora sono contenta di avervi fatto conoscere la complessa bellezza di questo angolo di cielo. Dove i talenti sono accesi di una luce meravigliosa. E dove il loro riconoscimento fa una differenza infinita.