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Ce l’hai fatta… si ma quando?

Sera tardi. Sbadiglio. Zapping. Canali che passano, scene finali di qualche film.

Mi fermo su una, più per la prepotenza di un altro sbadiglio che per vero interesse.

Lei e lui. Di fronte un campo di tulipani, luce forse da quasi tramonto.

Lei guarda il campo, poi guarda lui: “Ce l’abbiamo fatta”.

Lui sorride, l’abbraccia.

Questa semplice, banalissima scena mi ha fatto sorgere una domanda: ma quand’è che ci si può dire “ce l’ho fatta”?

Obiettivi. Risultati. Rispondere alle esigenze dei clienti. Trovare il mercato. Fa quadrare il bilancio. Pianificazione e gestione aziendale. Il business plan e il saperlo comunicare efficacemente. Aspettative vs realtà.

Programmi scolastici. Report. Schede da compilare. E poi riunioni, incontri, orari delle lezioni da organizzare, i laboratori, le esigenze dei BES. Le gite, i permessi e le assicurazioni da stipulare. Le famiglie da ascoltare, l’ennesima supplenza malmostosa.

I clienti fedeli e quelli fedelissimi, quello che ti dà buca una volta ed è quella di troppo. I prodotti che si vendono di più e i chilometri da macinare. La fatturazione, le tasse e il commercialista santo subito.

Per arrivare, ci si arriva. Leggo, ascolto e seguo professionisti in differenti ambiti, sia per interesse personale che per lavoro, da sufficiente tempo per vedere i risultati di tanto sbattimento.

Persone con alle spalle esperienze significative, che credono in quello che fanno per la maggior parte dell’anno, con un buon residuo di giorni fatti di dubbi e “mollo tutto” perché il chi me lo fa fare può essere anche una necessaria e utile valvola di sfogo, qualche volta. Uomini e donne che hanno voluto scegliere il loro lavoro e che, per l’amore che ancora sentono, cercano di reinventarsene una parte se non tutto, perché la soddisfazione va di pari passo con i guadagni. O meglio: è la parte di guadagno invisibile che sostenta veramente il resto, alla fine.

E in tutto questo circolo che ideiamo virtuoso ma che troppo spesso diventa vizioso, quand’è il momento di fermarsi ad osservare ciò che si è raggiunto? Il momento di prendere un attimo fiato e concedersi nella modalità “sguardo verso l’orizzonte, sospiro, sorriso.”. Quel momento. Quello per cui all’inizio abbiamo pianificato tutto o parte del nostro futuro, quello per il quale ci siamo imbarcati in un progetto nuovo, o magari c’è scappata pure qualche notte insonne o i week end saltati con la famiglia. Quello dell’appuntamento spostato perché sennò non ho il tempo per. Quello degli anni di università e poi dei master, o del corso di coaching, di naturopatia, di estetista incastrato in una vita già stretta di suo.

Ripensando a tutta una serie di episodi, personali e anche lavorativi, di questi ultimi anni effettivamente il mio tempo del “ce l’ho fatta!” si è un po’ ridimensionato. Lo spazio della celebrazione, fosse solo il “fermarti-sguardo-sospiro-sorriso”, si è parecchio ristretto. Complice il voler fare/finire/vedere, il tempo che è sempre poco, la telefonata che ti allaccia ad un nuovo progetto, il libro sulla crescita personale che da mesi fa da pista di lancio per i moscerini sul comodino. E via dicendo, tra scuse e menate varie.

Ne ho sentito talmente la mancanza da non riuscire più a trovare un motivo per rimandare. Il che è stato un bene: concedermi lo spazio per riflettere sui miei successi e dirmi un sonoro “cavoli! ce l’hai fatta!” è stata una bella emozione! E alla fine quello che mi posso portare a casa è che una riflessione nata da una scena di un film vista per caso è diventata un’esperienza. Il che rende decisamente merito a tutte quelle salite, ai sentieri con poche o zero indicazioni, ai temporali improvvisi o ad alcuni cambi di direzioni che ho voluto o dovuto fare fino ad oggi.

Non importa cosa raggiungi, se ci sei arrivato significa che per te ne valeva la pena. Ma se non gli concedi spazio, se non lo onori celebrandolo veramente, perché nel tuo Futuro dovresti fare ancora qualcosa con tanto impegno se poi non sai come goderne?

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